Quali economie programmate sono esistite storicamente?
Storicamente, le economie programmate o pianificate si sono sviluppate in diversi contesti e di conseguenza presentano caratteristiche differenti. Ecco alcune delle principali tipologie:
Economie pianificate centralmente, o di comando o amministrata centralmente
In unione sovietica (URSS) troviamo il caso più noto, basato sui piani quinquennali introdotti negli anni ‘20. La burocrazia creava numerose inefficienze che tentava di risolvere con riforme zig zag. Dal punto di vista tecnico la pianificazione avveniva tramite i bilanci materiali che, nonostante l’uso dei calcolatori ed innovazioni matematicatiche per la pianificazione, esplosero presto di complessità. Prima della complessità abbiamo il problema della qualità del dato in input: in una società dove la burocrazia governava col terrore (gulag) alternato ad incentivi materiali (stacanovismo), questo portava a gravi distorsioni.
Pianificazione indicativa
Questo modello non impone direttive rigide ma fornisce linee guida per orientare l’economia. Viene spesso utilizzato in economie di mercato miste. Esempio: Francia, il “Piano Monnet” del 1947. Il primo di una serie di piani economici volti a ricostruire l’economia francese nel dopoguerra. A differenza dei modelli sovietici, la Francia manteneva un’economia di mercato, ma lo Stato aveva un ruolo strategico nel coordinare gli investimenti in settori chiave.
Pianificazione partecipativa (o autogestita)
Jugoslavia: dopo la rottura con Stalin nel 1948, la Jugoslavia di Tito sviluppò un modello di socialismo autogestito, dove le imprese erano gestite dai lavoratori ed esisteva anche il mercato, a differenza dell’unione sovietica. Questo modello prende il peggio dei due mondi: dal modello dell’URSS le distorsioni del partito e dal mercato la competizione e gli squilibri. Infatti storicamente anche il loro laboratorio economico-politico finisce male.
Pianificazione settoriale o strategica
Alcuni paesi adottano forme di pianificazione in settori specifici: Giappone (MITI): Negli anni ‘50 e ‘60, il Ministero dell’Industria e del Commercio Internazionale (MITI) coordinava lo sviluppo industriale, promuovendo settori strategici come l’elettronica e l’automobile. Corea del Sud: Ha usato piani quinquennali per guidare la crescita economica dagli anni ‘60 in poi, combinando il supporto statale con l’iniziativa privata.
Economia mista con pianificazione settoriale
L’esempio più di successo viene sicuramente dalla Germania Nazista. Successo qui nasconde un po’ di umorismo british. La pianificazione settoriale coinvolgeva il settore ovviamente bellico, quindi per lo più industria pesante collegata ai metalli e alla lavorazione di questi. Imperativo citare l’azienda bellica Krupp, che ha avuto un ruolo nel successo politico di Hitler, in quanto allineati nell’obiettivo del riarmo per aggirare le limitazioni imposte dal Trattato di Versailles (conseguenza fine prima guerra mondiale). Il governo nazista fissava investimenti, prezzi (anche per la pace sociale) e quantità. In una economia di guerra d’espansione, questo ha senso, infatti la pianificazione avviene in genere in periodi di guerra per vari paesi. Ma appunto, quello della Germania Nazista risulta il caso più particolare. Infatti merita un articolo a parte, anche per capire come si arriva a quel tipo di modello e perché proprio in Germania e non in altri stati fascisti, tipo la Spagna di Franco.
Il governo italiano interveniva in settori chiave senza dirigere l’intera economia, tramite l’IRI. Questo darà più che altro i suoi frutti dopo la secodna guerra mondiale.
Piani regolatori
In Europa esiste un caso particolare di pianificazione settoriale “morbida”, che non passa dal possesso di aziende pubbliche: l’UE non gestisce direttamente la produzione ma stabilisce obiettivi strategici tramite norme per guidare l’evoluzione di settori specifici. Esempi: transizione ecologica, innovazione tecnologica (es. Horizon), politiche agricole (PAC), digitalizzazione, bottiglie di plastica con tappo non removibile, etc.
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